Presentazione

Il Convitto Nazionale “P. Galluppi” di Catanzaro risulta essere un istituto educativo di eccellenza in cui vengono perseguiti e, normalmente, raggiunti obiettivi educativi ottimali suggeriti dalla pedagogia moderna ed in cui vengono, altresì, elaborate e fornite risposte alle rinnovate esigenze relative alla particolare organizzazione della società attuale. Esso, pertanto, interprete dei bisogni del contesto territoriale, muove il suo raggio d’azione su due fronti: quello della funzionalità educativo-didattica e quello della rispondenza alle esigenze emergenti dalla recente interpretazione della famiglia e dell’organizzazione sociale. Realizzando ciò, il Convitto, che vanta natali antichi e prestigiosi, ha saputo mantenere nel tempo, adeguandone strumenti ed obiettivi, il nobile marchio impressogli dalle organizzazioni e dalla società da cui trae origine. Si rende, pertanto necessario ripercorrere le ragioni storiche, culturali, economiche, politiche ed educative per le quali sorsero e per le quali mantengono tuttora funzioni importanti nel contesto dell’organizzazione della pubblica istruzione i Convitti Nazionali e, nella fattispecie, il Convitto Nazionale “P. Galluppi” di Catanzaro.

I sofisti quali Protagora, Gorgia, Prodico ed Ippia crearono la professione d’ insegnante a pagamento: essi furono i primi a riflettere sulla materia e sul metodo educativo. Si può affermare che il Collegio nacque con Pitagora, fondatore della Scuola Italica nel V secolo a.C., avente lo scopo di preparare la classe dirigente della Repubblica di Crotone.

A Roma, al tempo di Augusto, si ebbero i primi collegia iuvenum destinati ai figli dei senatori.

Con il Cristianesimo vennero incrementati gli istituti di assistenza e beneficenza per l’educazione dei poveri, dei figli illegittimi e degli orfani.

Nel VI secolo d.C. a Squillace, Flavio Magno Aurelio Senatore Cassiodoro, fondò il monastero Vivariense, una vera città di cenobiti, nel quale aprì l’interessantissima Accademia culturale che, a parere di tanti studiosi, si potrebbe definire la prima vera Università d’Italia e d’Europa.

Alla fine dell’VIII secolo l’imperatore Carlo Magno fondò ad Aquisgrana la “Scuola Palatina” o Schola Palatina, detta anche Accademia Palatina. Egli pensò che fosse necessario educare intellettualmente, moralmente e religiosamente i popoli barbari che componevano il suo impero. Il programma comprendeva le sette arti liberali, distinte in «trivio» (grammatica, retorica, dialettica) e in «quadrivio» (aritmetica, geometria, astronomia, musica), a cui poi si aggiunse la medicina. Completava la cultura nelle scuole superiori lo studio della teologia. Nel Medioevo i Collegi, sui quali la Chiesa esercitava tutta la sua influenza e la sua autorità, erano delle corporazioni di maestri e di scolari, rivolte allo studio del diritto, della teologia e delle arti; in tal senso il termine di Collegio era analogo a quello di “Universitas”. I Collegi, inoltre, erano di fondazione privata. Vittorino de’ Rambaldoni detto da Feltre aprì la prima Scuola-Convitto a Padova con organizzazione di tipo familiare, per i giovani che abitavano lontano dalla città e continuò a curarla anche dopo il 1421, a seguito dell’accettazione della cattedra di retorica. Nel 1422 lasciò la cattedra e tornò a Venezia dove aprì un’altra Scuola Convitto con studenti di tutta Italia. Dal monopolio ecclesiastico della cultura si passò lentamente all’intervento laico che andò sempre più accentuandosi con l’iniziativa dei Principi, dei Sovrani e degli Illuminati. In seguito alla Riforma Protestante e la Controriforma Cattolica, nacquero tra il 1500 e il 1600 in Italia e in Europa la maggior parte dei Collegi tuttora esistenti. La prima scuola dei gesuiti fu fondata a Messina nel 1548, con lo scopo di formare giovani studenti laici. Successivamente fondarono i primi Collegi a Catanzaro, a Reggio Calabria, a Sassari e negli anni successivi nelle maggiori e minori città Italiane, quali: Torino, Milano, Livorno, Roma, Napoli, Palermo, Parma e Cagliari. Se da una parte la cultura luterana portò all’istituzione di Collegi e Scuole statali obbligatorie, dall’altra, il Concilio di Trento pose al centro della sua riforma il problema dell’educazione. In quest’opera di difesa e di recupero si distinse la Compagnia di Gesù con la creazione di Collegi per alunni delle scuole secondarie, con una nuova organizzazione degli studi che per quei tempi fu una novità eccezionale: nasceva il liceo classico moderno. A partire dalla fondazione dei primi collegi, venne elaborata la Ratio atque institutio studiorum Societatis Iesu. Questo manuale sul metodo educativo e l’ordinamento delle scuole, composto da 463 regole, codificava un metodo pedagogico imperniato sull’insegnamento del latino e dei classici, emulazione tra studenti e severa disciplina. Le caratteristiche che portarono al successo dei collegi gesuitici e che imposero un nuovo stile di educazione furono: la gratuità, l’apertura a studenti di tutte le classi sociali (almeno in linea di principio), l’insegnamento delle “umane lettere” unito a quello delle scienze, la divisione in classi con insegnanti propri e la progressione da una classe all’altra in base a obiettivi curricolari predefiniti ed infine l’adozione di un programma chiaro e coerente. In seguito alla loro espulsione, dal Regno di Napoli, avvenuta nel 1767, il Primo Ministro Bernardo Tanucci, tutore del Re Ferdinando IV, allora fanciullo, pensò subito di sostituire l’azione dello Stato a quella dei padri Gesuiti, controfirmando il regio editto e la regia prammatica “De Regimine studiorum” datata Caserta 06.02.1768. I beni e le rendite dei Collegi divennero proprietà delle Scuole, le quali d’ora in poi si sarebbero chiamate Regie. La scelta dei professori fu devoluta al Prefetto di ogni provincia in cui sorgeva una scuola. Gli insegnanti dovevano essere 6 laici, per la cultura letteraria e filosofica e 4 sacerdoti, per la cultura religiosa. In ogni provincia, dove esisteva un Collegio, accanto alle Scuole, veniva istituito un Convitto. Gli ex collegi gesuitici, incamerati dallo Stato, furono resi gratuiti e regolati secondo un metodo quanto più possibile simile a quello gesuitico, sperimentato per due secoli e difficile da mutare, per la mancanza di maestri laici con un buon livello di istruzione. Il primo agosto del 1778 fu pubblicato un Reale Editto riguardante la creazione e l’ordinamento dei Reali Istituti di educazione, stabilendo norme uguali e comuni per tutti nel Regno; fu in quell’occasione che il Re dichiarò, manifestando i suoi disegni circa le case di educazione per la gioventù dei vari ceti, che le sue cure paterne avevano per oggetto il bene morale e intellettuale dei giovani di ceto medio. Analogo destino subirono i Collegi dei gesuiti in Francia, infatti, durante la Rivoluzione francese, l’attenzione si spostò verso i princìpi dell’educazione laica e si affermò la competenza esclusiva dello Stato a legiferare in materia di formazione dei cittadini. Pertanto i Collegi vennero nazionalizzati (legge La Peletier del 1793) e furono allontanati gli ecclesiastici che fino a quel momento avevano monopolizzato l’organizzazione e la gestione degli istituti. Questa ampia riforma dell’istruzione inevitabilmente fu estesa ai territori italiani che subirono l’influsso degli ordinamenti francesi. Infatti con Napoleone Bonaparte, nel Regno Italico furono aperti, con decreto del 14 marzo 1807, quattro licei-convitto, rispettivamente presso: Novara, Verona, Venezia e Fermo. Durante la Restaurazione, la propaganda lenta, ma irresistibile assicurò il successo di queste istituzioni educative, che Napoleone non aveva avuto il tempo di fare accettare ai paesi conquistati. Con la proclamazione del Regno d’Italia i Convitti subirono una profonda trasformazione; infatti, con il regio decreto legislativo n. 3725 del 13.11.1859 altrimenti detto “Legge Casati” furono istituiti i “Convitti Nazionali”. Nell’anno 1883 risultavano funzionanti 30 Convitti Nazionali tra cui ricadeva il Convitto Nazionale “P. Galluppi” di Catanzaro.

I Convitti Nazionali hanno la loro specificità educativa e svolgono un ruolo di primaria importanza, più di ogni altra istituzione scolastica pubblica e privata, come validi strumenti di prevenzione e di promozione umana, sociale e culturale. Queste istituzioni devono essere viste come strutture aperte in grado di offrire una formazione ed una educazione flessibile atta a recepire istanze di respiro europeo e oltre, senza dimenticare o tralasciare la realtà socio economica del territorio in cui operano. Sono il luogo privilegiato per l’orientamento dei giovani e delle loro famiglie e per diventare veri e propri centri di cultura ed educazione permanenti attivando processi innovativi sperimentali. In essi anche la programmazione didattico-educativa ha un carattere speciale perché il processo formativo è unitario nel corso di tutto il periodo scolastico e per tutta la durata del giorno; inoltre il personale docente lavorando in sinergia contribuisce ad offrire ai giovani il maggior numero di opportunità e possibilità formative.

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